Gli atti discriminatori in Italia.
Parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
Il Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 215, reca le disposizioni relative all'attuazione della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, disponendo le misure necessarie affinché le differenze di razza o di origine etnica non siano causa di discriminazione, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini, nonché dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso.
Per principio di pari trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione a causa della razza o dell'origine etnica. La discriminazione può essere diretta o indiretta. Si ha discriminazione diretta quando, per la razza o l'origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra persona in situazione analoga; si ha la discriminazione indiretta, invece, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.
Sono inoltre considerate come discriminazioni anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi di razza o di origine etnica, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo.
Il principio di parità di trattamento senza distinzione di razza ed origine etnica si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale con specifico riferimento alle seguenti aree:
- accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;
- occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;
- accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;
- affiliazione e attività nell'ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni;
- protezione sociale, inclusa la sicurezza sociale;
- assistenza sanitaria;
- prestazioni sociali;
- istruzione;
- accesso a beni e servizi, incluso l'alloggio.
Occorre precisare che tale principio non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni nazionali e le condizioni relative all'ingresso, al soggiorno, all'accesso all'occupazione, all'assistenza e alla previdenza dei cittadini dei Paesi terzi e degli apolidi nel territorio dello Stato.
Per maggiori informazioni, contatta Avvocati Internazionali
Sull'argomento vedi anche:
Il matrimonio gay celebrato all'estero può essere trascritto in Italia
Il Divorzio Internazionale nell'Unione Europea
Ricorsi alla Corte Europea dei diritti dell'uomo
Diffusione autorizzata esclusivamente con indicazione della fonte (link) e dell'autore