Italiani arrestati e detenuti all'estero.
Cosa fare quando si è arrestati in un Paese straniero
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Attualmente migliaia di cittadini italiani sono imprigionati all’estero. Il sistema giuridico penale in molti Paesi è diverso da quello vigente in Italia, per questo un italiano detenuto all’estero è penalizzato innanzitutto dalla scarsa familiarità con il sistema giudiziario, la cultura e la lingua locale. Inoltre, in alcuni casi, le condizioni carcerarie sono più dure che in Italia.
Spesso lo stress emotivo ed i problemi pratici derivanti dall’arresto e la detenzione in un Paese straniero possono essere scoraggianti, non solo per il detenuto, ma anche per i suoi familiari. A ciò si aggiunga che il Ministero degli Affari Esteri, le Ambasciate ed i Consolati hanno poteri ben limitati in tali situazioni. Se si infrangono le leggi di un altro Paese, si è soggetti al sistema giudiziario di quel Paese. Essere straniero o non conoscere le leggi locali non serve come scusante, e gli uffici consolari italiani non possono proteggerci dalle conseguenze delle nostre azioni, né ignorare le decisioni delle autorità locali.
Tuttavia ci sono dei passi importanti da seguire, che possono quantomeno, metterci in contatto con i nostri familiari, ricevere una prima assistenza in carcere e soprattutto stabilire una strategia difensiva finalizzata ad un veloce rimpatrio.
Procediamo con ordine
1. Protezione Consolare
Nel caso di arresto in un Paese straniero, ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, il cittadino italiano ha il diritto di chiedere la protezione del proprio Consolato.
Tale protezione consolare prevede che uno o più funzionari dell’Ambasciata o del Consolato:
- renda visita al detenuto in carcere
- fornisca nominativi di avvocati locali
- avvisi i familiari del detenuto (solo su espresso consenso di quest’ultimo)
- assicuri, quando necessario e se consentito dalle norme locali, assistenza medica e generi di prima necessità al detenuto.
- intervenga per il trasferimento in Italia, qualora il connazionale sia detenuto in Paesi aderenti alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti o con cui siano in vigore accordi bilaterali.
E’ importante ricordare che il Consolato non può intervenire in giudizio per conto del connazionale e/o farsi carico delle spese legali. Inoltre le visite consolari incontrano diversi limiti, dettati soprattutto dal budget finanziario di cui dispongono le Ambasciate (non sorprenda che in Paesi in cui l’Ambasciata Italiana è presente in misura esigua, la protezione consolare sia scarsa).
In ogni caso, le autorità straniere che procedono all’arresto di un cittadino con passaporto italiano, hanno l’obbligo, ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963, di avvisare l’arrestato circa il diritto di accedere alla protezione consolare. Tuttavia, esse non hanno l’obbligo di informare il Consolato italiano, a meno che non sia lo stesso arrestato a chiedere di accedere alla protezione consolare.
Nella maggior parte dei casi, sarà consentito all’arrestato di comunicare con i propri familiari. Tuttavia è opportuno tener presente che in alcuni Paesi, le conversazioni telefoniche possono essere monitorate dall’autorità giudiziarie, il loro contenuto utilizzato come prova ed anche le corrispondenze via posta possono essere sottoposte a severi controlli. Quindi si consiglia sempre di fare attenzione e non confidare nella diversità della lingua.
Per quanto riguarda le visite personali in carcere, si consiglia sempre di contattare l’amministrazione del penitenziario (in quanto le visite sono soggette a specifiche limitazioni) e quindi comunicare al proprio Consolato, la presenza nel Paese e soprattutto le date delle visite.
2. La scelta dell’avvocato locale
La nomina del rappresentante legale nel Paese di arresto o di detenzione, può risultare determinante, per questo deve essere effettuata con estrema attenzione. L’ufficio consolare fornisce una serie di nominativi di avvocati locali, tuttavia quest’ultimi non sempre risultano competenti e professionali e, nella maggior parte dei casi, non parlano italiano.
Si consiglia, inoltre, di diffidare dagli avvocati giunti in carcere su consiglio di altri prigionieri oppure del personale penitenziario, così come dagli avvocati che promettono un rapido rilascio oppure l’esito favorevole della vicenda dietro il pagamento di una tangente. La corruzione è illegale nella totalità dei Paesi, quasi mai garantisce il risultato promesso e, se scoperta, aggrava la situazione giudiziaria del detenuto.
Quindi la scelta dell’avvocato che ci rappresenterà sia nella fase processuale, sia in quella del trasferimento previsto dalla Convenzione di Strasburgo del 1983, deve essere molto oculata e tener conto delle seguenti caratteristiche:
- esperienza nella materia e nel caso specifico
- capacità di comunicare in italiano o almeno nelle lingue di maggiore diffusione
- disponibilità a redigere un preventivo ed un contratto in cui sia specificata la struttura tariffaria, gli obiettivi dettagliati per tutta la durata del caso, comprese le procedure d’appello.
Molte volte la scelta del legale locale, viene effettuata in Italia, da parte della famiglia del detenuto e ciò costituisce un vantaggio perché si ha maggiore possibilità di valutare e scegliere.
E’ opportuno però ribadire che il mandato a farsi rappresentare è conferito personalmente in carcere dal detenuto all’avvocato. Quindi una volta che la famiglia contatta e sceglie l’avvocato locale, è necessario che il detenuto abbia piena fiducia nel legale scelto per lui dai suoi familiari.
3. Chiedere assistenza in Italia
Nel caso in cui si abbia difficoltà a contattare e conferire l’incarico ad un avvocato straniero, è opportuno rivolgersi ad uno studio legale italiano specializzato in casi di connazionali arrestati o detenuti all’estero. Tale passaggio non è obbligatorio, in quanto a rappresentare l’arrestato o il detenuto, sarà sempre un avvocato locale del Paese in cui si trova. Tuttavia, costituisce il passaggio più importante, in quanto questi casi richiedono particolare esperienza in diritto internazionale, anche in vista di domande di trasferimento o concessione di grazia. In Italia esistono diversi studi legali internazionali capaci di prestare una consulenza completa nei casi di italiani detenuti all’estero, assicurando una prima assistenza in carcere (ad es. fornitura di beni di prima necessità, messaggi da parte di familiari, etc.), la scelta dell’avvocato locale che si occuperà del caso, l’elaborazione della strategia difensiva in concerto con quest’ultimo ed, infine, l’espletamento delle pratiche relative a domande di trasferimento o richieste di grazia.
Nota: sull'argomento vedi anche La protezione Consolare dell'Unione Europea
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