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Sentenza del TAR Lazio in materia di segnalazioni di non ammissione per le persone considerate una minaccia per l'Unione Europea.

Va garantito il giusto processo anche alle persone considerate da uno o pių Stati membri, una minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la salute pubblica e le relazioni internazionali.

Sentenza del TAR Lazio in materia di segnalazioni di non ammissione per le persone considerate una minaccia per l'Unione Europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cambia l'orientamento del TAR Lazio in materia di segnalazioni ai fini della non ammissione in territorio Schengen, delle persone considerate una minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale e le relazioni internazionali degli Stati membri.

Negli ultimi anni sono stati sempre più numerosi i casi di cittadini extra-UE che si sono visti rigettare le domande di visto d'ingresso in Italia (per lavoro, affari, studio, ma anche turismo) perchè considerati da altri Paesi dell'Unione Europea un pericolo per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico, senza però poter conoscere l'identità del Paese segnalante e la ragione di detta segnalazione. 

In un primo momento, il TAR del Lazio, competente in materia di visto d'ingresso, ha ritenuto legittimo l'operato delle ambasciate italiane, le quali, una volta ricevute le segnalazioni di non ammissione, non potevano fare altro che negare il visto. Secondo questo primo orientamento del giudice amministrativo, le ambasciate non avevano alcun modo di accedere ai dettagli della segnalazione, né erano tenute a fornire ulteriori informazioni alle persone interessate, in quanto il diniego del visto era un atto vincolato alla segnalazione proveniente da altro paese dell'Unione Europea.

Tuttavia, grazie ad un ricorso presentato dall'Avv. Luca Santaniello, basato principalmente sulla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e sulla giurisprudenza, anche recentissima, della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, cambia radicalmente tale orientamento.
Infatti, con la sentenza n. 5429/2021, pubblicata il 10.5.2021, la Sezione III Ter del TAR Lazio ha accolto il ricorso e disposto l'annullamento di un diniego del visto emanato sulla base della seguente motivazione "la sua presenza rappresenta, secondo uno o più Stati membri, una minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o per le relazioni internazionali di uno o più Stati membri", senza che fosse stato indicato dall'Ambasciata lo Stato membro che aveva effettuato la segnalazione e il motivo di quest'ultima.

Secondo il tribunale amministrativo regionale capitolino, in occasione di una segnalazione di non ammissione va comunque garantito:
- che il richiedente cui sia stato negato il rilascio di un visto a causa di un'obiezione sollevata da uno Stato membro per uno dei motivi di cui all'articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti possa conoscere il motivo specifico di rifiuto sotteso a tale decisione nonché l'identità dello Stato membro che ha sollevato l'obiezione al rilascio di detto documento;
- che anche se la motivazione corrispondente alla sesta casella del modulo uniforme è predefinita, l'autorità nazionale competente sia tenuta “a precisare, nella rubrica intitolata «Osservazioni» del modulo uniforme, l'identità dello Stato membro o degli Stati membri che hanno sollevato un'obiezione al rilascio del visto e il motivo specifico di rifiuto basato su questa obiezione, corredato, se del caso, del contenuto essenziale dei motivi di detta obiezione”;
- che il controllo giurisdizionale del diniego, ferma la giurisdizione di altri giudici nazionali sulla legalità sostanziale dell’obiezione sollevata da un altro Stato membro, sia messo in condizione di “verificare se la decisione impugnata si fondi su una base di fatto sufficientemente solida e ad assicurarsi che essa non sia viziata da un errore manifesto” (sentenza Corte di Giustizia del 4 aprile 2017, Fahimian, C-544/15);
- che, in conclusione, lo Stato membro, che ha adottato una decisione definitiva di rifiuto di visto, preveda “norme procedurali che contribuiscano a garantire il rispetto dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo dei richiedenti un visto, come la richiesta di informazioni alle autorità competenti degli Stati membri che si sono opposti al rilascio di un visto.

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