Il diniego del visto d'ingresso è nullo se non motivato.
Accolto il ricorso contro il Ministero degli Affari Esteri e l'Ambasciata d'Italia a Islamabad.
Con sentenza n. 10979 del 9 luglio 2015, il TAR del Lazio (Sezione Terza Ter) ha accolto il ricorso presentato da un cittadino pakistano contro il Ministero degli Affari Esteri e l'Ambasciata d'Italia a Islamabad. Oggetto del ricorso, il provvedimento di diniego del visto d'ingresso emesso nei confronti del ricorrente da parte dell'Ambasciata d'Italia a Islamabad (il cittadino straniero aveva presentato domanda per la concessione di un visto d'ingresso per motivi di turismo, la quale, però, veniva rigettata dall'ambasciata italiana in Pakistan.
Il ricorrente, rappresentato in giudizio dall'Avvocato Santaniello Luca, impugnava la decisione dell'ambasciata, denunciando, tra gli altri motivi, il difetto assoluto di motivazione e il difetto di istruttoria. Infatti, il provvedimento di diniego notificato al ricorrente era privo di qualsiasi motivazione. Inoltre, nel corso del giudizio, l'ambasciata non era stata in grado di fornire una relazione cicostanziata sulle ragioni del diniego.
Il TAR del Lazio ha accolto quindi il ricorso, affermando che la carenza di motivazione "impedisce all'interessato di comprendere l'iter logico-giuridico seguito dall'amministrazione ai fini dell'adozione del provvedimento impugnato e risulta, pertanto, violativa del disposto dell'art. 3 L. n. 241/90. Inoltre, il TAR del Lazio ha stabilito che prima dell'adozione del gravato provvedimento di diniego, l'Ambasciata d'Italia a Islamabad avrebbe dovuto comunicare all'interessato i motivi ostativi all'accoglimento della sua istanza secondo quanto previsto dall'art. 10 bis L. n. 241/90 per i procedimenti ad istanza di parte.
Il Ministero degli Affari Esteri è stato condannato a pagare le spese processuali del ricorrente.
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