Il visto d'ingresso per i familiari dei cittadini dell'Unione Europea.
Ricorso contro il diniego del visto d'ingresso per i familiari dei cittadini italiani.
Il Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri) riconosce il diritto alla libera circolazione anche per i familiari dei cittadini dell'Unione Europea che accompagnano o raggiungono i cittadini medesimi.
Il nuovo quadro normativo, infatti, consente il rilascio a favore del familiare di un visto Schengen di breve durata (fino a 90 giorni, tipo C) per turismo, previa verifica da parte dell'Ufficio Visti del vincolo di parentela. Tale visto è rilasciato gratuitamente e con priorità, così come stabilito dall'art. 5 del D. Lgs n. 30/2007.
Tali principi sono stati ribaditi dal Ministero degli Affari Esteri nel Messaggio del 6 agosto 2013, con il quale sono state dettate le nuove istruzioni per il rilascio dei visti ai familiari di cittadini UE. Con tale messaggio, il Ministero degli Affari Esteri, oltre a ribadire l'esigenza di rispettare il diritto alla libera circolazione, ha anche sottolineato l'utilità delle nuove modifiche, in quanto tendono a diminuire il carico di lavoro degli Uffici Visti, venendo meno la disamina della questione del “carico familiare” e “delle unioni registrate in un altro Stato”, annose questioni che hanno sempre reso difficoltosa l'attività degli Uffici Visti e che ora, per il rilascio di un visto di tipo C per turismo, non rivestono più particolare importanza, essendo demandate alle competenti amministrazioni in territorio nazionale l'accertamento della sussistenza delle condizioni e dei requisiti per il diritto al soggiorno del familiare del cittadino UE.
Sul punto, giova riportare quanto indicato nel “Manuale per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati” adottato con Decisione della Commissione C (2010) del 19/03/2010, il quale, pur non avendo forza di legge, indica le prassi che devono essere seguite in materia di visti d'ingresso dagli uffici visti delle rappresentanze diplomatiche-consolari dei Paesi membri. Orbene, per quanto riguarda le regole specifiche applicabili ai richiedenti che siano familiari di cittadini dell'UE, il suddetto Manuale stabilisce che per dimostrare di avere diritto a un visto d'ingresso ai sensi della Direttiva, il richiedente deve anzitutto stabilire che rientra nel suo campo di applicazione. A tal fine, presenta i documenti che dimostrano: 1) che esiste un cittadino dell'UE da cui può far dipendere i suoi diritti; 2) che rientra nella definizione di familiare; 3) che accompagna o raggiunge il cittadino dell'Unione (ad esempio prova che il cittadino dell'UE soggiorna già nello Stato membro ospitante o conferma che il cittadino dell'UE si recherà in tale Stato).
Ciò nonostante, non tutte le domande di visto presentate dai familiari dei cittadini italiani (o UE) sono accolte dai consolati e dalle ambasciate italiane. Contro il rifiuto del visto è possibile fare ricorso all'autorità giudiziaria competente.
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